Ci sono alcuni brani, anzi artisti, che considero intoccabili… Johnny Cash è uno di questi. Le motivazioni quasi sempre convergono nel fatto che alcune interpretazioni sono talmente riuscite che è quasi impossibile riproporre una certa canzone in maniera diversa. Per questo motivo, come raccontavo nell’articolo su “Military Fashion Show“, tante cover che sono state suonate o registrate nel tempo sono sempre rimaste in sala prove o in qualche hard disk.
Ho deciso di pubblicarne qualcuna solo per divertimento in attesa di nuovo materiale, e, nonostante la versione che trovate qui sotto sia molto più veloce e “hard” dell’originale, trovo la versione di Cash insuperabile per intensità. Il grande successo del brano portò con sè qualche polemica: negli anni ’70 emerse quanto Cash abbia pescato a piene mani dal brano di Gordon Jenkins “Crescent City Blues“, al quale fu costretto a riconoscere anche una cospicua somma di denaro, nonostante all’epoca non fosse inusuale riutilizzare testi e musiche senza citare l’autore.
Al di là delle questioni di “paternità” o prettamente di diritto d’autore le modifiche ritmiche e di testo che Cash apportò al brano ne fanno un’attualissima metafora del concetto di “riabilitazione” soprattutto nei giorni e nell’epoca dei grandi arresti di boss della criminalità organizzata (in questi giorni l’arresto di Matteo Messina Denaro ha praticamente fagocitato ogni canale di informazione). Cash non giudica ma racconta l’isolamento, la solitudine e l’immaginare qualcosa che non si può avere, tanto basta per farne un grande pezzo di musica e cultura. Questa è la cover di “Folsom Prison Blues“, versione Hate Inc.