Ciao ragazzi e benvenuti su Suoni del Silenzio…
Ciao a voi, qui Vincent, mi fa molto piacere scambiare quattro chiacchiere con Suoni del silenzio.
Parlatemi di come si sono formati gli Hate Inc. è quali sono le vostre influenze…
Hate Inc. nasce inizialmente come one-man-band, per poi evolversi in una band da 4 elementi nel 2008 e con l’aggiunta di Rosario alla seconda chitarra nel 2009. Le influenze più riscontrabili nella nostra musica derivano prevalentemente dai mostri sacri dell’industrial metal come Ministry, Rammstein, Nine Inch Nails, Killing Joke, Manson dei tempi d’oro ecc. Per me poi a livello personale i Nirvana, (non il grunge in generale), sono stati una scintilla fondamentale per prendere la chitarra in mano e cominciare ad esplorare la musica.
Bipolar Spectrum Disorder è il vostro ultimo vagito, cosa lo differenzia al precedente Art of Suffering?
Hate Inc. non ha mai vagito, il nostro primo album “Art of Suffering” era un concentrato di urla strazianti che cercavano di sovrastare l’indifferenza che mi circondava, era un disco scritto mentre avevo circa 24 anni, e non avevo assolutamente voglia di vagire, ma di gridare con tutte le mie forze ciò che questa anemica società del cazzo non mi permetteva di esprimere liberamente. Ora alla soglia dei 30 con Bipolar Spectrum Disorder ho appaltato al senso ciò che prima era affidato unicamente alla potenza sonora. Sebbene “Bipolar” ad un primo ascolto possa sembrare un disco meno “metallico” del precedente, contiene in sè quel cinismo sottile che va a colpire più con le parole che con il “muro di suono”. Essendo un disco più maturo non è stato lasciato spazio all’istinto al 100% ma c’è stata sempre un’attenzione particolare di alternare istinto e ragione, che poi è anche il tema portante del disco. Nemmeno “Bipolar” è un vagito, ma una chiara presa di posizione, di chi pianta i piedi per terra e non ha più bisogno di urlare ciò che pensa, ma lo afferma con voce ferma e sicura. I vagiti li lasciamo a quelle bands che hanno fatto dei reverberi e dei delay la loro unica forma espressiva.In Art of Suffering avete avuto un contratto con la My Kingdom Music se non erro, come mai questa volta volta avete scelto l’autoproduzione? C’è da dire che è una scelta coraggiosa…
Più che una scelta coraggiosa, è l’unica scelta che abbia senso, se consideriamo l’attuale scenario del music business (se di business possiamo parlare al nostro livello). Al giorno d’oggi disponiamo di mezzi e capacità che permettono una diffusione della musica impensabile fino a qualche anno fa. Poi c’è da dire che c’è autoproduzione e autoproduzione: Abbiamo lavorato su questo album per quasi un anno dopo averlo registrato. Siamo riusciti a mettere insieme un network di persone con delle competenze straordinarie, che hanno permesso di realizzare il progetto Bipolar Spectrum Disorder senza alcun coinvolgimento da parte di labels o operatori del settore. Siamo fieri di poter offrire un prodotto professionale direttamente ai nostri sostenitori, attraverso un canale diretto che esclude qualsiasi tipo di intermediario. La rete oggi offre possibilità enormi e bisogna cercare di sfruttarla al meglio,  al fine di raggiungere risultati sempre più efficaci ed efficienti. Speriamo vivamente che sempre più bands, consapevoli delle proprie capacità e competenze, prendano questa strada, che riteniamo l’unica via per poter continuare a fare musica, a livello underground, in un settore in palese stato di crisi.

Quali sono le ambizioni di questa vostra nuova uscita?
E’ passato un mese dall’uscita e il riscontro più significativo per noi è stato quello di guadagnare molti fans e ascoltatori dall’estero, mercato a cui puntiamo maggiormente, molta gente ci scrive per avere notizie anche personali sulla band, e la cosa ci fa enormemente piacere. Una delle cose che più mi ha colpito di questo primo periodo di promozione è stata una chiacchierata con un uomo statunitense, affetto da disturbo bipolare che mi ha ringraziato per aver tradotto in musica ciò che lui prova nella quotidiana convivenza con questo disturbo. Soltanto questo per me vale tutta la fatica che ho investito in quest’album.Vorremmo arrivare a quanta più gente possibile, e magari iniziare a girare costantemente con dei concerti.
Ci sono delle date già stabilite per promuovere l’album?Dove potremo vedervi dal vivo questo periodo?
Stiamo organizzando delle date per il 2014, e forse un tour nell’est Europa con un’altra band, ma è ancora tutto in fase organizzativa. Da quando viviamo tutti a distanza considerevole abbiamo preferito un approccio che mira alla qualità dei concerti piuttosto che alla quantità.
Com’è nata la collaborazione con Salvatore Piccione (Karma in Auge) nel pezzo dalle forti sonorità new-wawe L’odio di Caesar?
Salvatore è un mio amico fraterno da anni ormai, tra di noi c’è sempre stato rispetto reciproco, in passato abbiamo condiviso delle esperienze musicali, come quando eravamo la sezione ritmica dei Lamas&TheBones, o collaborando in qualche registrazione di brani che poi sono rimasti sotto chiave. Per il brano “L’Odio di Caesar” il tutto è nato dal fatto che non riuscivo a trovare un testo in inglese che fosse soddisfacente, così feci una prova in italiano e notai che la musica si prestava abbastanza bene ad una lirica in lingua nostrana. Così un pomeriggio di dicembre del 2012 chiamai Salvatore che mi raggiunse nel pomeriggio. La sera avevamo il testo definitivo. Mi piace collaborare con Salvatore perchè è una delle poche persone a cui lascio completa autonomia, consapevole del fatto che sa scrivere testi e canzoni, dettaglio non da poco.
Credete che il sound degli Hate Inc. sia in continua evoluzione?
Il sound di una band è necessariamente in continua evoluzione. La musica è essa stessa evoluzione, contaminazione, struttura e destrutturalizzazione. Il nostro primo disco è profondamente diverso dal secondo e so già che il terzo sarà differente da entrambi. Ciò non vuol dire non avere un identità, perchè bene o male ormai un marchio di fabbria HATE INC. è più o meno formato, ma la musica sincera è scritta da persone ed è influenzata dalle esperienze, dai cambiamenti, dai successi e dai fallimenti che si affrontano durante l’esistenza. Siamo come delle spugne che assorbono ciò che proviene dall’esterno, lo rielaborano e lo traducono in musica e parole.
Progetti futuri?
Per ora siamo concentrati sulla promozione di Bipolar Spectrum Disorder, probabilmente gireremo un video per il secondo singolo “Eternal Return” nei primi mesi del 2014. Abbiamo aperto una sezione “download” sul nostro sito hateinc.it su cui stiamo caricando materiale inedito, demo, cover e altra roba risalente al periodo primordiale degli Hate Inc., fateci un giro. Probabilmente usciremo con un EP di nuovo materiale nel giro di un un anno, o un anno e mezzo, ma questo è ancora un progetto in fase di definizione e non è detto che vada in porto.
Cosa pensate della scena musicale attuale sia della vostra zona che a livello nazionale, e cosa cambia secondo voi tra l’organizzazione dei live underground in Italia e all’estero visto che voi avete avuto esperienza live oltreconfine?
La situazione dei live, purtroppo in Italia non è delle migliori, ci sono pochi spazi e quelli che ci sono non sono adeguatamente attrezzati, pensa soltanto alla difficoltà logistica che noi abbiamo essendo in 5 e tutti con attrezzature piuttosto ingombranti, già questo ci esclude dalle situazioni tipo Pub et simila, anche per questioni di volumi. All’estero siamo stati trattati come lavoratori, ci hanno accolto, dato tutta l’assistenza tecnica di cui avevamo bisogno, un fonico, un light designer, camerino ecc. Tralasciando il lato puramente materiale di tutto questo, è evidente la consapevolezza oltreconfine di voler fare spettacolo e non solo avere una band come attrattiva per potenziali consumatori. E’ li che si gioca tutta la differenza, perchè il risultato è che,  specie dalle nostre parti al sud, in questo modo si offrono spettacoli miseri, la gente giustamente si stufa, non va più ai concerti e ci perdono tutti: gestori di locali, bands e clienti/ascoltatori.
Grazie mille per l’intervista a presto…
Grazie mille a Suoni del Silenzio per lo spazio concessoci, e speriamo di ritrovarci presto sulle vostre pagine.
Un saluto.
Vincent
Intervista a cura di Antonio Di Lena