La realtà dell’underground italiano è fatta molto spesso di band che, in barba ad ogni difficoltà, con pazienza e sudore portano avanti con coraggio dei discorsi musicali che spesso vanno a sfociare in sperimentazioni e commistioni sonore degne delle più blasonate avanguardie d’oltralpe. Così, se l’odierna frontiera del Rock resta l’elettronica, sondata ed esplorata a più riprese dagli anni ’70 (con i Kraftwerk, ad esempio) ad oggi (tutta una scena Industrial Metal che va dalla Germania all’America, ma che raccoglie consensi ovunque, basti pensare alla svolta dei nostrani Death SS del 2000), è proprio questo il percorso che hanno scelto di seguire i tarantini Hate Inc., compagine che si fa latrice di un messaggio musicale che mescola allegramente e arditamente il Rock più duro all’elettronica più spinta, in un amalgama di cupa ed ossessiva freddezza.
Il quintetto, messo in piedi nel 2007 da Vincent Vega (voce, chitarra, sintetizzatore e addetto alla drum machine già attivo in solitaria in realtà dal 2002) e che comprende il chitarrista Roxxxy Narko’s, il tastierista Will Mars, il batterista Dave Bundy ed il bassista Dunkel Schwartz, diede alla luce nel 2009 l’EP “Fragments”, una sorta di anticipazione di quello che sarà il loro ormai prossimo debutto, deciso per il maggio di questo 2011 e che prenderà il nome di “Art Of Suffering”.
Il lavoro in questione si presenta composto da quattro tracce, dai testi pregni di disagio esistenziale e di vera e propria sofferenza, squarci su mondi interiori ben rappresentati dall’opener “Fragments”, che mette bene in mostra fin dall’inizio il valore indubbio della band: il pezzo è infatti ben strutturato, con ritmiche coinvolgenti ancorché molto cadenzate e linee vocali accattivanti, a tratti disperatamente rabbiose, il cui sapore depressivo è accentuato dalla lenta chitarra (il cui sound non nasconde punti di riferimento anche oltreoceano, non solo di ambito Industrial) su cui il sintetizzatore ricama gelidi effetti elettronici. La successiva “Learn To Love (Yourself)” prosegue lungo le stesse coordinate, ma con una dose di rabbia aggiuntiva, come si nota già dalle linee vocali più aggressive, un cantato distorto e rabbioso che si staglia su ritmiche più potenti e squadrate, decisamente Metal, che sottolineano un testo tutto incentrato su un rifiuto di sé da cui in ogni caso si può anche uscire, per quanto sia difficile.
Con la canzone seguente, “Harangue”, i nostri Hate Inc. pestano sull’acceleratore, scatenando tutta la loro potenza e velocità: qui in primo piano è la batteria, furiosa al punto di fare di questo brano il più violento del lotto e non a caso, dato che il pezzo parla, attraverso la voce esasperata di un Vincent Vega più incazzato che mai, della situazione musicale, di tutti i finti rockers che infestano la scena e di tutti gli inutili moralisti di facciata. Ma la rabbia presto svanisce per lasciare il posto ancora un volta alla più cupa malinconia della lenta “Art Of Suffering”, introdotta da un bell’arpeggio acustico e portata avanti da riff chitarristici di scuola vagamente Neo-Gothic sorretti da un’intelaiatura ritmica in grado di mettere bene in risalto l’intonazione complessivamente depressa della canzone, anche qui sottolineata in maniera convincente dalla tastiera che va a creare paesaggi sonori di sofferenza e abbandono.
“Fragments” risulta insomma un EP di eccellente fattura, molto curato nella composizione (mai banale, soprattutto per quanto riguarda la title track, forse il brano migliore del disco) e nella produzione, che mette in evidenza il sound ricco di effetti: un lavoro discografico degno di essere portato alla conoscenza di tutti gli amanti del genere e che lascia ben sperare anche per la prossima, già accennata uscita del full length “Art Of Suffering”. L’augurio è che il quintetto di Taranto possa proseguire regalando altre piccole, gelide perle come questi ben riusciti “Frammenti”.